Riforma del Terzo Settore

Domenica 5 maggio, Jonathan sede provinciale della F.a.c.it. nazionale, ha avuto il privilegio di ospitare l’amico Cesare Nisticò, esperto di Politiche Sociali.

Evitando di ripetere ciò che ha ampiamente ribadito il dott. Nisticò sul rinnovamento del Terzo settore, il nostro ringraziamento va a tutte le Associazioni e agli amici presenti che hanno partecipato e che hanno voluto condividere con noi questo magnifico incontro.
Ci dispiace per tutti coloro che hanno telefonato e che sono stati impossibilitati ad assistere, ma li vogliamo tranquillizzare che a grande richiesta è previsto un nuovo appuntamento, per discutere di questo argomento di fondamentale attualità.
Nel frattempo, il materiale distribuito nella giornata di ieri, è disponibile presso la sede di Jonathan.
Grazie a Cesare e a tutti i partecipanti per il calore dimostrato…

Riforma del Terzo Settore tra rivoluzione e omologazione

di Cesare Nisticò

La riforma del Terzo Settore (Decreto Legislativo 117/2017) e la conseguente Istituzione del “Registro Unico Nazionale” degli Enti no profit, se da una parte mette ordine ad una materia troppo frammentata, rischia però di provocare involontariamente, nella sua applicazione pratica, un problema legato alle modifiche statutarie obbligatorie.
C’è il rischio che molte associazioni ricalchino pedissequamente, seppure in parte, la declaratoria dell’articolo 5 che enumera le attività di interesse generale da inserire negli statuti, senza sforzarsi di specificarne ulteriormente le originali peculiarità che caratterizzano la propria mission. In tal modo si produce fatalmente una pericolosa omologazione a livello nazionale delle OdV (Organizzazioni di Volontariato) e delle APS (Associazioni di Promozione Sociale) che non dà ragione dell’anima fondante di ciascuna. Questa tendenza è ulteriormente rafforzata dagli “statuti standardizzati”, proposti per semplificare le procedure delle associazioni appartenenti a reti nazionali e che finiscono per favorire tale fenomeno “totalizzante”.
Certamente non era questa l’intenzione del legislatore ma il rischio c’è ed evidentemente è stato preso in seria considerazione dal ministero del welfare al punto che ha ritenuto di inserire questa problematica tra le righe di due importanti circolari: la n. 34/2017 e la 20/2018. A tutto ciò si lega anche la necessaria coerenza tra le finalità statutarie e le corrispondenti attività delle associazioni. Anche questo è richiamato nella Circ. n. 20/2018: “… ..oltre alle attività dovranno essere declinate in maniera specifica le finalità perseguite in maniera da risultare in armonia con la natura dell’Ente…”. E ancora: “….è di tutta evidenza che le attività effettivamente svolte dagli enti …..debbano mantenere una stretta coerenza con le previsioni statutarie…” ecc..
Mi chiedo se i soci delle OdV e delle APS siano sufficientemente informati di tali sottigliezze e persino della differenza tra OdV (organizzazioni di volontariato) e APS (associazioni di promozione sociale) che è importante ai fini di una partecipazione consapevole ai rispettivi sodalizi. Penso che su queste tematiche dovrebbero essere promossi incontri con le associazioni, non solo con i responsabili ma anche con gli stessi aderenti, per fornire chiarimenti assolutamente necessari. Non è un mistero che spesso tra gli stessi soci esistano molti equivoci e poca conoscenza sulla natura dell’organizzazione alla quale appartengono.
Nel mio lungo lavoro in Regione mi sono sempre preoccupato della necessità di fornire informazioni chiare in tal senso, spesso anticipando e interpretando le esigenze, ad esempio quelle legittimamente lavorative distinte dal desiderio di operare in forma di autentico volontariato (talvolta tra gli stessi soci non c’è una univoca motivazione in tal senso), o distinguendo i fini di solidarietà da quelle di promozione sociale. Su questo argomento non mi pare ci sia molta informazione, anche da parte dei CSV e del Forum del Terzo Settore, ancor meno dai commercialisti e dai notai che in questa fase sono diventati a mio parere ancora più autoreferenziali e più preoccupati di dare ai propri clienti un’immagine burocratica del Decreto Legislativo 117/2017. Questo approccio è confermato dal risalto che il ministero sta dando alle associazioni dei Commercialisti, quali interlocutori privilegiati della riforma, insieme al Forum del Terzo Settore. Beninteso che le consulenze sono necessarie anzi indispensabili, ma non bisogna trascurare l’anima solidaristica e le infinite sfumature delle organizzazioni che rischiano di essere appiattite e troppo imbrigliate da incombenti procedure burocratiche. Del resto questo è un tema ricorrente nella lunga e gloriosa storia dell’associazionismo in Italia, che, è bene ricordare, è diverso da quello di altre nazioni dell’Europa e del mondo e che bisogna valorizzare e preservare da possibili omologazioni, anche in questo caso, ai modelli di altre nazioni europee. Una volta tanto potremmo essere noi a proporre modelli più interessanti di organizzazioni no-profit, derivanti da una lunga e positiva esperienza, in Italia, di welfare mix pubblico-privato.